1945 - L'ONORE E' SALVO

Ultimo - Capitolo 10 °

OPERAZIONE PER INCURSORI

L’equipaggio era ai propri posti,più determinato che mai,sebbene non al completo ;
prima della partenza avevo lasciato ognuno libero di agire secondo coscienza.
Avevo fatto la mia scelta,sebbene fossi convinto che in effetti non si era trattato di una scelta vera e propria. Semplicemente che non sentivo di fare altro che quello !
L’organico del Brin si era ridotto di un buon 25% e fra gli ufficiali,oltre me,era rimasto il Dir e il mio Secondo.
I sottufficiali c’erano quasi tutti,salvo un paio,mentre i marinai,in particolare quelli con famiglia,avevano preferito rimanere a terra.
Nonostante tutto,quelli che erano rimasti bastavano al governo del battello,sebbene con turni di guardia allungati.
Dopo Capo S.Maria di Leuca mettemmo rotta per nord,per raggiungere insieme con l'OTARIA del Cte Gino DIENNE,nostro sezionario per quella missione, l’Isola di Goli Otok,una delle tante lungo la costa dalmata.
Entrambi i battelli avevano imbarcato due squadre di operatori Gamma della X^Mas che si erano ammucchiati in camera di lancio a prua,separati da tutto e da tutti,silenziosi e determinati.
Una volta giunti nei pressi dell’isola,avremmo dovuto superare sbarramenti di reti e mine e intrufolarci in una stretta insenatura per sbarcare i Gamma. Costoro dovevano intercettare ed eliminare i vertici della guerriglia slava convenuti per concordare i loro piani.
Eravamo stati altresì informati circa l’immancabile,invadente,fastidiosa….presenza di onnipresenti unità sottili britanniche.
Una ulteriore complicazione alla già difficile navigazione in quei bassi fondali irti di mine e quant’altro. Quest’ultimo costituito da un numero imprecisato di batterie costiere !
Il che significava dover fare l’atterraggio in immersione,proseguire ancora in immersione,almeno fino a quando non fossimo stati in franchìa dalle batterie stesse,quindi emergere in quanto i fondali non consentivano diversamente,e sbarcare i nostri incursori.
In vista della costa e di un rimorchiatore posareti,lasciammo andare l'Otaria avanti,in quanto leggermente avvantaggiato rispetto a noi e con l’ecoscandaglio funzionante,mentre il nostro se ne stava inerme e spento per due valvoloni che non s’era riusciti a sostituire.
Unico nostro alleato era la trasparenza eccezionale delle acque dalmate,per cui riuscivamo ad avere
un po’ di visibilità con il periscopio appena un po’ fuori della sua camicia.
All’altezza del posareti,il Capo RT mi comunicò la presenza di forti rumori di eliche dai quadranti poppieri

; solo il tempo di ruotare di 180° il periscopio e farlo uscire del tutto dall'acqua

e avvistai due sottili colonne di fumo .
Eccoli lì gli inglesi ! Fastidiosi e invadenti come sempre anche quando non invitati e magari non necessari !!
Con un occhio alle mine e uno alle corvette inglesi cominciammo a inoltrarci nell’insenatura,seguendo a brevissima distanza l'Otaria che nel frattempo aveva avvistato le batterie costiere su entrambi i lati e ci aveva comunicato la scoperta con lo Spada.
Avevo fatto comunicare ai Gamma di prepararsi e quindi tenersi pronti a sbarcare con rapidità, sperando che non ci sarebbero stati intoppi.
Appena una decina di minuti dall’ultima osservazione al periscopio e una forte esplosione fu avvertita verso poppa. Davanti agli oculari apparve un relitto fumante,proprio nel mezzo del campo minato alla nostra sinistra !
E una delle corvette se ne era andata !!
C’era solo da sperare che anche l’altra finisse sulle mine,ma dalla sua rotta,mi dava l’idea che il suo Comandante fosse un po’ più furbo dell’altro.
La distanza si era ridotta a soli 2000 metri,per quanto, la corvetta non desse l’impressione di serrare sotto stimando la sua velocità non oltre i 12 nodi !
In compenso sembrava che tutto accadesse con estrema calma,quasi come se si trattasse di una esercitazione,piuttosto che di una missione ad elevato rischio. Ad ogni buon conto ordinai l’apertura di tutti i tubi,sia a prua sia a poppa,una volta e allagati e compensati.
In camera di manovra si poteva udire il ronzio dei motori elettrici a basso regime e il respiro del personale di guardia con sottofondo il rumore prodotto dalle ruote dei timoni.
Bisognava che mi levassi di torno quella maledetta corvetta che in quel torno di tempo pareva mi avesse rilevato .
Trasmessi i dati di lancio al secondo ordinai di lanciare da poppa il primo siluro .
Ne seguii la corsa,visibilissima a causa della scarsa profondità di regolazione,finchè colpi al giardinetto la corvetta. Non ci fù una grossa esplosione,almeno non la solita ,nonostante che
dalla superficie si fosse levata una alta colonna di fumo e acqua. Forse la carica era difettosa,o chissà quale altro motivo non l’aveva fatta detonare,fatto sta che la corvetta ,pur se a velocità ridottissima continuava a navigare,non più nella nostra scia,bensì per buttarsi in costa.
Forse il comandante cercava di arenarsi per evitare l’affondamento e con i bassissimi fondali
ciò sarebbe stato comunque un pericolo per noi al ritorno,in uscita.
Il successivo ordine di lancio dell’altro tubo di poppa andò a vuoto . Ormai erano più le cose che non funzionavano che il contrario.Conclusi che l’unica soluzione era di effettuare una virata strettissima sulla sinistra,aiutandomi con le macchine e riprovare il lancio di prua,mentre l'Otaria continuava la sua navigazione silenziosa.
Fortunatamente il lancio andò a buon fine : la corvetta saltò letteralmente in aria lasciando fuor d’acqua solo un mozzicone di albero bruciacchiato.
Rimettemmo velocemente in rotta regolandoci con il segnale dell'Otaria agli idrofoni..
Al periscopio osservai che le batterie costiere si allontanavano in distanza e scomparivano dietro un’ansa della costa,decisi quindi di dare aria per tutto,avendo constatato che tutto in giro non vi fosse altro pericolo. La manovra venne eseguita anche dall'Otaria che probabilmente aveva sentito agli idrofoni il rumore prodotto dall’aria compressa nelle casse del Brin.
Una volta in superficie,ordinai che i Gamma si portassero sul copertino di prua al cannone,non avevo molta voglia di rimanere un solo minuto in più in quello strettissimo budello.
Con i termici a 1/3 dei giri serrammo sotto l'Otaria che nel frattempo aveva ridotto fin poi a fermarsi del tutto. Fermammo le macchine anche noi e con un colpetto indietro arrestammo l’abbrivio fino a rimanere di fianco all'Otaria a pochissimi metri da lui.
I Gamma,rapidamente,balzarono nei loro gommoni e pagaiando freneticamente si allontanarono verso la riva deserta.
Non un saluto,non un grazie , nulla di nulla !! Come erano giunti a bordo così se ne erano andati !
Dovevano essere concentrati al massimo e poi conoscevo i Gamma : gente di pochissime parole,
coraggiosi fino all'inverosimile,silenziosi e micidiali ; meglio non averli come nemici.
In fin dei conti,noi avevamo un lavoro da fare e s’era fatto,per cui altro non c’era da dire.
Manovrai nello stretto e angusto specchio d’acqua riuscendo a non incagliare il Brin e volgendo la prua all’uscita seguito dal Cte Dienne con il quale non c’era stato neanche il tempo di fare quattro chiacchiere magari davanti a un buon caffè caldo.
Un po’ prima del relitto ancora fumante della corvetta,ci immergemmo con calma,per evitare problemi con le batterie costiere.
Saremmo riemersi una volta fuori dell’insenatura e un po’ più larghi dall’isola.
Dopo di che il Brin avrebbe messo prua a Nord e l'Otaria a Sud per rientrare alla base.
Il Brin aveva altri ordini. C’era da raggiungere l’Iride al largo della laguna veneta .
Salutammo l'Otaria lasciandocelo di poppa a scomparire rapidamente nella caligine della bruma adriatica,e augurandoci di rivederlo presto. Eravamo ormai rimasti in pochi.
Lasciai il secondo in plancia con il cambio della guardia per lasciarmi cadere sulla cuccetta vinto dalla stanchezza e dal sonno,non prima di aver rivolto un pensiero e un augurio a quegli uomini appena
sbarcati.Come avrebbero fatto poi a ritornare ? Avrei preferito che l' ordine ricevuto implicasse
di attenderli e riportarli in Patria anche se il rischio per i battelli era enorme.
Anche per l'Otaria non sarebbe stato facile ritornare alla base visto che ormai i nostri mari
erano diventati feudi per gli aerei e le navi del nemico.
Ce l'avrebbe fatta ?

 

OPERAZIONE CONTRO-SPIONAGGIO

All’altezza più o meno di Lussino fui svegliato da uno dei marinai di guardia in camera di manovra,che andava in giro per il battello a chiamare il cambio.
Mi consigliò di indossare l’incerata,visto che fuori s’era messo a brutto. In realtà l’avevo già capito dalle ampie rollate del battello.
Una volta emerso dal portello in plancia,invariabilmente venni accolto da una muraglia di acqua sferzante e fredda.
Neanche il tempo di prendere le consegne dal Secondo ed avevo già tutti gli indumenti fradici.
- Notizia dall’Iride ? chiesi al Secondo
- Affermativo Comandante.Non è più al largo di Pola.E fermo a Nord dell’accesso alle rade di Comacchio in attesa .
- Bene. Ha anche detto cosa bolle in pentola ?
- Ci sono alcune unità sottili inglesi in appoggio a due pescherecci che devono sbarcare sabotatori a terra.Pare si tratti di PT Boats e corvette in numero non accertato.
- Va bene.Va in cuccetta a dormire che fra qualche ora ci sarà da ballare di nuovo.
- Va bene comandante,se hai bisogno sai dove trovarmi – disse quasi ridendo il secondo.
Il buon vecchio Iride di Duval,compagno di tante missioni e quelli del Brin che all’epoca erano a bordo avevano tutti un debito di riconoscenza con lui,me compreso,quando ci aveva salvati dopo l’affondamento di un altro battello.
Anche lui aveva lasciato l’equipaggio libero di scegliere senza forzare nessuno,dopo il caos seguito all’8 Settembre.
Aveva portato il battello subito in rada,a ridosso di Torre Scuola in attesa che gli eventi si sviluppassero ulteriormente e per evitare pericoli al suo Iride.
L’equipaggio non lo aveva tradito : in massa avevano affidato le loro vite nelle mani di quel Comandante taciturno,che tante volte gli aveva salvato la pellaccia con bravura e maestria.
Aveva posto una sola condizione : che la loro decisione fosse rapida e senza inutili perdite di tempo Il suo temperamento battagliero non dava spazio a indecisioni,ma soprattutto lui lasciava liberi gli altri ma pretendeva che anche gli altri lo mettessero in condizioni di fare le cose secondo i suoi tempi e le sue esigenze. Nulla di più .
Non avevamo avuto né il tempo né l’occasione per incontrarci e parlare un po’ della situazione.
Speravo che al ritorno da quella missione avessimo avuto un po’ di tempo per fare due chiacchiere.
C’era bisogno della sua opinione in merito a un dubbio che mi attanagliava la mente : se avessimo dovuto batterci con vecchi colleghi che ora erano passati dall’altra parte ,cosa avrebbe fatto lui ??
Cosa suggeriva la sua coscienza di marinaio e soldato ?
Una vedetta mi segnalò tre brevissimi lampi di luce azzurra leggermente di prua a dritta ; era il segnale concordato con l’Iride.
In base alla sua posizione certa,mi regolai nell’accostare a sinistra sulla rotta per la prima rada,quella esterna,di Comacchio.
In quel preciso istante,di poppa all’Iride esplose una fiammata,chiaramente visibile pur con la pioggia fittissima. L’immancabile corvetta inglese ! Lo avevano avvistato al Radar di cui ormai erano dotati già da tempo gli alleati,e l’aveva preso di mira.
Povero pazzo quell’inglese !! Non sapeva chi aveva di fronte !
Alla quarta inutile salva,con l’Iride ormai immerso, lo spirito guerresco del britannico andò a farsi friggere grazie a un siluro ben piazzato .
Una visibilissima serie di sciabolate di luce verso poppa e molto vicine,mi indusse a cercare riparo sott’acqua : al periscopio ebbi conferma che si trattava di una PT Boat in caccia.
Che rottura di scatole che erano quelle siluranti !
Inquadrai nell’oculare la lama di luce che frugava nelle tenebre e tentai un improbabile lancio di poppa a una distanza approssimata di circa 900 metri.
Cominciai a riflettere sul da farsi,perché era chiaro che si dovesse entrare nella prima e nella seconda rada solo ed esclusivamente in superficie a causa dei fondali molto bassi. Forse quella era una missione più adatta ai nostri MAS che a due sommergibili,ma tant’è che avevano mandato noi !
E di colpo a poppa un’esplosione ! Girai immediatamente il periscopio in quella direzione giusto in tempo per vedere gli ultimi bagliori spegnersi in acqua.
Da non credere ! La motosilurante si era letteralmente disintegrata colpita dal siluro del Brin !
Per prudenza chiesi notizie dagli idrofoni,ma non v’era più nulla da rilevare.
In quell’attimo mi immaginai quella che sarebbe stata la reazione di Duval,una volta appresa la
notizia :
- Che culo Etna !
E mentre un largo sorriso si stampava sulla bocca ordinai aria per tutto e pari avanti mezza alle motrici elettriche.
Il Brin ritornava in mezzo al bailamme di pioggia e di oscurità. Stranamente non v’erano fulmini e il mare tutto sommato era piuttosto calmo nonostante il vento teso.
Agli idrofoni L’Iride di Duval risultava dritto di prua e non molta distanza.
Al centro dell’imboccatura tirammo dritto per la seconda rada dove si sapeva in corso un tentativo di sbarco di incursori. Dietro i lati dell’imboccatura avvistammo due corvette finite in secca sulla rive che non s’erano avvedute delle nostre manovre. Meglio così,avrebbero comunque potuto procurare problemi con i loro cannoni . Al ritorno avremmo pensato al da farsi. In poco tempo entrambi i battelli giunsero ad una piccola strozzatura che separa le due rade.
L’Iride accostò alla sua dritta per effettuare ricerca sul lato di levante della rada e il Brin invece dall’altro alto.
Fummo fortunati.Avvistammo quasi contemporaneamente i due grossi pescherecci che si avvicinavano alle rive carichi di truppe. Una fortunata quanto provvidenziale ,apertura nelle cortine d’acqua che cadevano giù ci avevano consentito un rapido avvistamento.
A circa 400 metri lanciai un primo siluro che colpi l’imbarcazione senza esplodere e quindi un secondo che dopo poco polverizzo letteralmente lo scafo nemico senza che questi potesse formulare una benché minima reazione.
Anche dall’altra parte della rada,Duval aveva portato a termine la sua missione.
Il Brin davanti con l’Iride a seguire per riguadagnare lo specchio d’acqua della rada esterna.
Puntai decisamente con i termici su di giri verso l’uscita di quella trappola . Le corvette così come si erano arenate non sarebbero state un problema.
Ma Duval non era ancora pago e la sua sete di lotta trovò una logica conferma nel voler finire il lavoro iniziato.
Mentre il Brin era quasi fuori dall’imboccatura e pronto a mettere in rotta per Sud,il vecchio Iride
Liquidò entrambe le altre corvette,prima una poi l’altra,ordinatamente come in una esercitazione di tiro.
Duval avrebbe commentato soltanto con poche parole :
- Beh ! C’era un lavoro da fare e l’abbiamo completato
Con lo sguardo verso poppa vidi anche l’Iride venir fuori dall’imboccatura e porsi nella scia del Brin.
Si rientrava alla base.
In quel crepuscolo che ormai erano i nostri giorni,i giorni dei nostri battelli,verso quell’ineluttabilità del destino al quale pareva che nessuno di noi volesse rassegnarsi o meglio,che volesse accettare.
Nord contro Sud , una marina contro un’altra , un esercito contro un altro ,italiani contro altri italiani,in una follia parossistica dove ogni buonsenso sembrava capitolare di fronte agli eventi che avevano stravolto la nostra Patria.
Sembrava , in antitesi , un’Italia memore di alti valori patriottici contro un’altra Italia che cinicamente badava solo alla sopravvivenza propria e di chi già si affacciava al mondo politico,apparentemente nuovo e con nuovi ideali.
Al fianco dei nuovi vincitori,un nuovo panorama di approfittatori,di mestatori, di colore e parte politica non ben definita in attesa di ulteriori e più redditizi sviluppi .
Mentre la terra e le città venivano dilaniate senza soluzione di continuità , un gruppo di intrepidi e fedeli uomini d’onore si stringeva intorno al suo carismatico comandante che vedeva le fila delle sue forze armate crescere ogni giorno di più.
Quando un giorno tutto ciò sarebbe finito,quando gli animi si sarebbero calmati,quando la storia avrebbe scritto le sue pagine ,una sparuta pattuglia di marinai e comandanti si sarebbe trovato di fronte a una lapide a ricordare gli scomparsi compagni di un tempo.
E qualcuno forse avrebbe udito un bellicoso e arzillo vecchietto chiedere ad un altro :

- Io però ancora non ho capito come cazzo hai fatto ad affondare quella silurante? Ti rendi conto che razza di culo hai avuto ??
- Culo ?? Ma noi eravamo della Decima testone,l’hai dimenticato?

 

………………………….Cte Etna

 

VINTI MA MAI DOMI ! ADRIATICO

………………………………………dal memoriale del Cte ETNA

L’imbarco dei profughi ,civili e militari, era terminato in tardo pomeriggio,quando già il bio si faceva strada nella profonda insenatura cinta di rilievi brulli e rocciosi.
Il BRIN e il BARACCA erano riusciti a racimolare ancora quel poco di nafta che s’era trovato in giro ; alcuni motoristi erano andati in giro perfino con i buglioli per svuotare i serbatoi dei camion distrutti o inutilizzabili che affollavano porto e paese.
Entrambi i battelli erano ridotti proprio male,ma pur di riprendere il mare e vedere la bandiera sventolare ancora al vento,gli equipaggi si erano resi protagonisti di autentici miracoli.
Equipaggi !! Quello che restava dei veterani di tante battaglie !
Ognuno di loro era passato attraverso burrasche,agguati sul fondo,bombardamenti spietati,perseguitati per ore e ore nelle profondità del mare ,senza mai cedere pur avendo nello sguardo lo spettro di una morte terribile e atroce.
I condottieri dell’antica Roma volevano i propri legionari,magri e famelici,perché quella era la condizione ottimale per combattere con coraggio e determinazione ; guardando ogni mio marinaio non potevo non vederli come quegli antichi guerrieri che tanta gloria e grandezza avevano donato alla loro Patria.
Avrei dato la vita per ognuno di loro,per la loro fedeltà,per il loro indomito coraggio,per lo spirito di sacrificio fuori del comune,per ogni ora vissuta con loro in quei lunghissimi anni nell’angusto spazio del nostro amato battello.
Sia il Brin che il Baracca,recavano i segni della lunga ed estenuante lotta : vernice scrostata,ruggine a chiazze inarrestabili,lamiera contorte,passamani piegati o divelti,la torretta sforacchiata in più punti. Erano semplicemente dei fantasmi,come gli antichi velieri pirati delle leggende che apparivano e sparivano nelle nebbie , e a male pena se ne intuivano i contorni nel buio carico di antiche e rinnovate paure.
Per tutto il pomeriggio avevano potuto assistere al caos più totale lungo tutte le banchine e le strade del paese ,affollate di umanità disperata e in preda al panico ; le orde slave di Tito si erano già fatte vedere appena fuori del paese e ai nostri confini che ormai erano tenuti solo da esigui gruppi combattenti della X^ MAS. La disperazione,unica risorsa rimastaci,era quello che ancora ci teneva in vita contro tanti nemici . Nemici che era perfino difficile individuare : tedeschi,slavi,comunisti,alleati,partigiani, tutti contro tutti alla fine.
Nessuno più si faceva illusioni : era solo questione di qualche settimana e tutto avrebbe avuto fine.
Restava la grande consapevolezza di aver fatto il proprio dovere fino all’estremo e di aver salvato una sostanziosa parte del ricco Nord Italia,impedendo, spesso a prezzo della vita, altre distruzioni e massacri. Chissà se un giorno la storia e il popolo ci avrebbero riconosciuto almeno la dignità e l’onore di combattenti.
I marinai mollarono gli ultimi ormeggi e saltarono a bordo,lasciando le banchine silenziose e deserte,uniche testimonianze della nostra partenza.
Avevamo stabilito che il Brin e il Baracca, con i soli motori elettrici, sarebbero andati avanti,precedendo il piccolo convoglio,formato da quattro grossi vaporetti traboccanti di umanità.
Eravamo anche stati informati della presenza di molte unità veloci all’imboccatura dello stretto braccio di mare,quasi davanti a Brioni.
Un ulteriore complicazione alle già precarie condizioni generali : entrambi i pezzi in coperta dei due battelli erano privi di munizionamento,lasciandoci come unica risorsa le mitragliere dell’antiaerea e pochi e preziosissimi siluri , per non parlare della nafta che ancora non sapevamo fin dove ci avesse portato.
I 4 vaporetti si disposero in fila ,navigando ravvicinati e subito di poppa a noi,che avevamo anche deciso di procedere di conserva ed affiancati,in modo da concentrare un maggior volume di fuoco
Sul solo lato libero.
Appena a metà dell’insenatura,ci piovve addosso una squadriglia di cacciabombardieri inglesi senza che avessimo avuto il tempo di sentirli arrivare ; silenziosi e micidiali lasciarono cadere il loro carico di morte in acqua fra noi e il convoglio che nonostante tutto riusciva a mantenere la formazione. Le nostre armi cominciarono a vomitare raffiche su raffiche verso le fiammelle visibili delle mitragliere alari degli aerei,che venivano giù in picchiata,nel buio,a ondate continue.
A quel punto era necessario passare sui termici per disporre di maggior potenza sugli assi e dopo aver dato l’ordine in camera di manovra,avvertimmo a voce,con il megafono,anche il Cte Papino.
Entrambi i diesel presero a rombare nell’aria confusa e stravolta da infinite esplosioni.
Dalla nostra poppa si sollevava nell’aria un’acre nuvola di fumo nero ; mi chiedevo che razza di nafta stavano bruciando i nostri motori .
Una vedetta avvistò di prua alcune ombre veloci che rapidamente si avventarono contro la nostra povera formazione. Le mitragliere si divisero fra gli aerei e le siluranti apparentemente senza risultati ; ma almeno si faceva sapere che in fin dei conti potevamo ancora fare parecchio male a chi si avvinasse.
Due forti esplosioni verso poppa ci comunicarono che tristemente, gli ultimi due vaporetti erano letteralmente saltati in aria,mentre una lunga raffica di colpi andò a schiantarsi sulla tormentata torretta del Brin.
In uno scenario da Apocalisse biblica,fra esplosioni,raffiche,urla,rombi di motori al massimo dei giri,banchi di fumo pregni di combustibile non bruciato,puzzo di polvere da sparo, ci stavamo approssimando all’uscita dell’insenatura . Fu allora che fecero la loro comparsa anche alcuni pescherecci armati che da subito presero a bersagliarci con tutto l’armamentario di bordo.
Appena un po’ più vicini,lanciammo una coppia di siluri ai due più vicini che però veloci accostarono in fuori ed evitarono i micidiali pesci.
Una raffica ancor più rabbiosa si schiantò sulla torretta e in plancia ; l’armamento delle mitragliera di sinistra crollò a terra immobile e senza un gemito mentre un fortissimo bruciore avvolse il mio braccio sinistro. Lasciai cadere l’inutile binocolo sulle lamiere e attraverso le dita sentii scorrere
Qualcosa di appiccicoso e caldo.Un colpo di mitragliera mi aveva preso di striscio lacerando la manica e il braccio.
Anche gli ultimi due vaporetti ci avevano lasciato,disintegrandosi in una nuvola di fuoco,fumo e fiamme.
In quel mentre spuntò un braccio dal portello della torretta con un foglio stretto nella mano.
Una delle vedette lo raccolse prontamente e me lo consegnò accorgendosi della ferita.
- Infermiere in plancia ! Il Comandante è ferito ! Urlò con tutto il fiato che aveva in gola.
- Lascia perdere.Leggimi il messaggio che è più importante.
- Scalo Venezia impraticabile causa blocco navale effettuato da una squadriglia di CT !
- Grazie. Torna al tuo posto .
Ci mancava anche quella.!
- Comandante ! Ne abbiamo fatte fuori tre di siluranti ! urlarono eccitati gli armamenti.
Il Baracca aveva accostato un po’ più alla sua dritta mettendo più acqua fra i due battelli e eruttava fuoco e fiamme dalle sue armi senza un attimo di sosta.
- Segnalate al Baracca che ci immergiamo e accostiamo per Rotta 1-6-0 !
- Manovra : pronti all’immersione.Abbattere timoni di prua. Pronti a passare sugli elettrici .
- Rientrare le mitragliere e sgomberare la plancia !
Il braccio prese farmi un male cane ; fin a quel momento quasi me l’ero dimenticato,ma ora si faceva sentire e come.
Precipitai in camera di manovra dopo aver chiuso il portello sulla testa,trovandovi la confusione più totale.Almeno un paio di quadri comando pendevano inerti dalle paratie laterali e un’infinità di cavi elettrici dall’alto. I corpi dei mitraglieri morti erano stati adagiati nelle cuccette di prua,vegliati da uno dei marò di prua.
Mentre il Brin , faticosamente ,trovava l’assetto giusto a quota periscopio,mi accorsi che il Dir non era in manovra.
- Dov’è il Direttore ? chiesi in giro.
- E’ in sala macchine comandante.Uno degli ultimi colpi caduti di poppa ,quello più vicino,ha fatto danni .
- Secondo metti giù un punto nave sulla carta.Dobbiamo decidere dove andare.
- Siamo al traverso di Pola.Ho rilevato or ora il faro sul frangiflutti di Ponente.
- Bene. Traccia la rotta per il porto di Ancona e segnala al Baracca.Vediamo lui che dice.
- Infermiere in manovra !
- Comandante fatti medicare che hai la manica intrisa di sangue.
- Va bene ,va bene . Dammi una mano a sfilare il braccio per favore.
Penosamente e con sofferenza riuscimmo a liberare il braccio da offrire per le cure e le attenzioni del nostro bravo infermiere.
Appena l’ultima benda fu avvolta intorno al braccio,arrivò la risposta del Baracca :

FAI STRADA. Alt TI SEGUIAMO.alt NOVE UNITA’ NEMICHE AFFONDATE alt BATTERIE
A PEZZI. Alt FRA DUE ORE EMERGO fine

Anche il Brin era a pezzi. Le pompe facevano enorme fatica a svuotare le sentine stracolme e lo scafo faceva acqua un po’ ovunque,dall’immancabile astuccio del periscopio all’ultima flangia del cesso.
Per il momento sembrava che tutto fluisse regolarmente,e mentre il mio sguardo percorreva la camera di manovra vidi il Dir affacciarsi dalla porta stagna di poppavia.
Faticosamente entrò prima con una gamba e poi aggrappandosi ad un tubo sulla sua testa,trascinò dentro anche l’altra. Alcune stecche,strette da fasce di stoffa unte,gli tenevano la gamba ben rigida e immobile.
Arrancò fino all’altezza dei periscopi per poi lasciarsi andare esausto e dolorante sulle lamiere del pagliolato.
- Problemi ? gli chiesi
- E chi non ne ha ! rispose laconico.
- Già. Forse questa sera avremo un letto e un pasto caldo se tutto va bene.
- Hai già prenotato al circolo ufficiali ?
- Non ancora.Ma dicono che gli americani hanno delle ottime bistecche.
- Schifezze ! Mangiano solo schifezze. Ma a essere onesto,ora mangerei qualsiasi cosa.
- Forza e coraggio . Vedrai che ci manderanno a casa
- Ci credi davvero comandante ?
- Non so cosa credere Dir.
- Mi chiedevo come ci accoglieranno i colleghi dell’altra parte ?
- Dir siamo gente di mare,un po’ speciali,e infine la Marina è sempre una sola. Ognuno di noi ha comunque fatto il proprio dovere,ha combattuto con lealtà e onestà le sue battaglie ma sempre per la Patria ,per la nostra bandiera che resterà sempre quella. Avremo tante cose di cui parlare ai nostri figli,alla nostra gente. Tutti ci chiederanno : Perché ? Anche la storia un giorno ce lo chiederà .
Davanti ai miei occhi una visione : tutti i nostri battelli affiancati e ridipinti a nuovo,con le bandiere al vento e gli equipaggi schierati in coperta con uniformi nuove e scintillanti
Iride,Baracca,Gondar,Brin,Perla,Glauco,Dandolo,Bianchi,Cagni,Bagnolini,Otaria…….
tutti luccicanti e tirati a lucido ; e gli equipaggi,tutti insieme, a urlare con tutto il fiato in gola :

GIURO FEDELTA’ ALLA PATRIA !!

…………………………………………


Tutti noi , sommergibilisti virtuali , abbiamo fatto onore a quelli veri di ieri e di oggi, con nell’animo la ferma volontà di mantere viva la memoria dei tanti eroi mai più tornati alla base , anche attraverso un semplice gioco di simulazione.
Per loro,per quegli eroi sepolti in fondo al mare nei loro scafi dilaniati perché siano sempre fra di noi.

X^ FLT MAS - GRUPSOM

Cte ETNA
R.Smg.Benedetto BRIN



 

Grupsom - Sommergibili Mediterranei